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I tumori occupazionali nelle donne: qualche spunto di riflessione.

Il ruolo del sesso e del genere come modificatori delle più comuni cause di malattia e di morte è stato ampiamente esplorato e discusso in una review recentemente pubblicata su The Lancet nel 2020 (Mauvais-Jarvis F. et al., 2020). Per quanto riguarda le patologie oncologiche viene ribadito  che l’incidenza è generalmente più alta negli uomini rispetto alle donne e attribuiscono queste differenze in parte al sesso, che potrebbe incidere nella biologia dei tumori, in parte al genere. Tra le differenze di genere che influenzano l’occorrenza dei tumori troviamo anche quelle di origine occupazionale. Diversi studi in letteratura hanno fornito misure sulla stima della frazione attribuibile dei tumori a causa di esposizioni professionali tra l’8% ed il 2%, le stime variano se si considerano uomini (14-3%) e le donne (2-1%). La valutazione per quanto riguarda le donne è comunque una questione controversa e può essere stata in parte determinata dalla non completa conoscenza dei tumori professionale nelle donne. Infatti emerge da alcuni studi che, nonostante l’avanzamento nell’inclusione delle donne negli studi sui tumori occupazionali nei periodi più recenti, permangono ancora differenze non solo nel numero di studi in cui le donne vengono incluse, ma anche nel presentare analisi più approfondite (es. meno probabilità di approfondire la relazione dose risposta dato il basso numero di donne incluse negli studi). Questa mancanza di dati sulle donne è preoccupante per una serie di motivi: per il possibile aumento del numero di donne nella forza lavoro anche in comparti inusuali, per il possibile aumento della percentuale di donne che svolgono lavori con esposizioni potenzialmente pericolose, per il fatto che le informazioni sul rischio cancerogeno provengono soprattutto da studi condotti sugli uomini, non sono adeguati a descrivere il rischio tra le donne.  Rispetto all’ esposizione inoltre la differente distribuzione nelle donne nei comparti produttivi rispetto agli uomini può comportare esposizioni diverse ed anche modalità diverse con cui si realizzano. Anche all’interno dello stesso tipo di lavoro le esposizioni possono essere diverse per una diversa assegnazione dei compiti tra uomini e donne. Un’ampia indagine condotta in Australia (Eng A. et al., 2011) ha messo in luce che ci sono disparità di genere nelle occupazioni, inoltre che uomini e donne che svolgono lo stesso lavoro percepiscono e/o riportano le esposizioni in maniera diversa e che, anche all’interno dello stesso lavoro, uomini e donne possono avere esposizioni diverse. Tali differenze dipendono anche dal fatto che lo stesso tipo di lavoro presuppone, nella maggior parte dei casi una diversa assegnazione di compiti tra uomini e donne. Tale fenomeno delle diversità sul piano lavorativo tra donne e uomini, che rappresenta una sistematica variabilità per genere, può essere definito un bias di genere e dovrebbe essere considerato nel disegno dello studio già nella fase di progettazione. Anche l’entità dell’esposizione potrebbe presentare differenze, come mostrato in uno studio italiano condotto sulla base delle informazioni contenute nel database sulle misurazioni delle esposizioni delle aziende (SIREP-INAIL) dove, sulla base delle esposizioni selezionate solo una piccola parte riguardava le donne (9%), ma queste ultime avevano maggiori probabilità, rispetto agli uomini, di essere esposte a livelli più elevati per diversi agenti cancerogeni (Scarselli A. et al. 2018).
Considerando i tumori femminili più frequenti, come il tumore della mammella, vorremmo sottolineare che il rischio per questo tumore può essere incrementato da alcune attività lavorative come il lavoro a turni notturno recentemente classificato come probabile cancerogeno dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro-IARC (World Health Organization. IARC Monographs 2020). Nonostante la notevole percentuale di donne che lavorano con organizzazione lavorativa a turni (ed in primo luogo il personale sanitario), poco si parla in termini di prevenzione di questo rischio.
Per il tumore dell’ovaio, ai fattori di rischio genetici ed endocrini noti per questo tumore, si aggiunge, il rischio lavorativo per esposizione ad amianto classificato con evidenza certa dalla Agenzia Internazionale di Ricerca sul cancro (World Health Organization. IARC Monographs, 2012), di fatto finora poco indagato nonostante rischi importanti osservati in alcune coorti lavorative.
Alla luce di queste riflessioni, vorremmo far presente che vi sia una possibile sottovalutazione dei fattori di rischio occupazionali dovuta a scarsità di informazioni sulle donne. Si ribadisce quindi la necessità di incrementare gli studi sulle donne, in particolare in comparti lavorativi con maggiore presenza di lavoratrici in primo luogo la sanità, ma anche i servizi o le industrie in cui è riconosciuta la presenza di cancerogeni.




Lucia Miligi
Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica ISPRO, Firenze 
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