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Lavoro a turni notturno e tumore della mammella

SS Epidemiologia dell’Ambiente e del Lavoro,SC Epidemiologia dei Fattori di Rischio e degli Stili di Vita,Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica ISPRO.

Il lavoro a turni notturno è stato classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come cancerogeno di classe 2A, ovvero probabile cancerogeno per l’uomo, sulla base di evidenze seppure limitate in studi epidemiologici ed evidenze sufficienti in studi sperimentali su animali, in merito all’effetto oncogeno dell’esposizione alla luce durante il periodo notturno. La IARC aveva espresso già nel 2007 questa sua valutazione e successivamente l’ha confermato nella nuova rivalutazione condotta nel 2019 a seguito della pubblicazione di nuovi studi epidemiologici di maggiore qualità rispetto ai precedenti e non solo non solo sul tumore della mammella, ma anche su altre sedi tumorali. La monografia IARC uscita nel 2020 conclude che, sulla base delle evidenze disponibili, si osserva un’ associazione positiva tra il lavoro a turni notturno e il tumore al seno, ma anche della prostata, del colon e del retto (IARC Monograph vol. 124,2020).

Tenendo presente che questi tumori sono tra i più frequenti nell’uomo, come riportato dall’ Associazione Italiana dei Registri Tumori (I numeri del cancro, AIRTUM AIOM, 2022), questo fattore di rischio, che ha a che fare con l’organizzazione lavorativa, assume una particolare importanza considerando gli aspetti di prevenzione in medicina del lavoro e anche a livello assicurativo per il corretto riconoscimento dei casi di origine professionale (Costa, 2010). Altro aspetto importante da considerale è che il lavoro a turni è sempre di più una caratteristica fondamentale dell’organizzazione lavorativa ed è articolato in svariate forme e modalità di tipo contrattuale. Nel 2019 dai risultati della EU Labour Force Survey (Eurostat) che avevano preso in considerazione 28 paesi in Europa, emergeva che nel 2018 il 13,3% degli occupati (16,7% degli uomini e 9,4% delle donne occupate) ha lavorato in turni notturni. Sebbene con modalità diversa, i turni di lavoro notturni sono molto utilizzati in sanità, nei trasporti, nel settore alimentare (es. panettieri pasticceri), forze dell’ordine, lavoratori spettacolo (es. discoteche), pubblici servizi e ristorazione, operai industrie manifatturiere. Considerando la sanità, va fatto presente che molte operatrici sanitarie hanno prestato e continuano a prestare servizio nelle strutture in orario notturno questo è uno dei comparti su cui porre l’attenzione.

La difficoltà negli studi epidemiologi di definire l’esposizione ha portato ad una certa variabilità nei risultati degli studi, anche se studi di grandi dimensioni sul tumore della mammella e turni di lavoro con una accurata definizione dell’esposizione hanno fornito prove per la positiva associazione tra lavoro notturno e rischio di cancro al seno, in particolare tra le donne in premenopausa e con associazioni più forti per turni di lavoro notturni svolti per lungo tempo (Cordina-Duverger E et al, 2018). Una recente meta-analisi infatti conferma che il lavoro notturno svolto per lunga durata, frequenza e numero cumulativo di turni notturni svolti, aumenta il rischio di tumore della mammella ed è influenzato dallo stato menopausale con un rischio maggiore per chi inizia a fare i turni in premenopausa (Hong et al. 2022).

Il lavoro notturno altera l’esposizione al fotoperiodo (alternanza luce/oscurità), interferisce sui ritmi circadiani e perturba il ciclo naturale del sonno e della veglia e modifica i modelli di attività e riposo (es. ora dei pasti). La IARC ha basato la sua valutazione sopratutto sulla forte evidenza negli studi sperimentali su animale, dell’alterazione dell’alternanza luce-buio osservando che da questi studi emergono caratteristiche chiave tipiche degli agenti cancerogeni, in particolare coerenti con l’immunosoppressione, l’infiammazione cronica e la proliferazione cellulare. Negli studi sull’ uomo e nei sistemi sperimentali inoltre c’è robusta e consistente evidenza di cambiamenti nei livelli di melatonina, un ormone secreto dalla ghiandola pineale che è il principale sincronizzatore dell’orologio biologico in grado di regolare il ritmo circadiano, in risposta alle alterazioni del alternanza luce-buio. I meccanismi ipotizzati alla base di tale effetto sarebbero vari e complessi: in estrema sintesi l’esposizione alla luce durante la notte riduce la secrezione di melatonina. Inoltre è stata osservata una prova suggestiva degli effetti sugli livelli di estrogeni nelle lavoratrici che svolgono turni di lavoro notturni.

In attesa che venga meglio chiarito questo rischio anche attraverso studi epidemiologici che tengano conto di vari fattori di rischio che possano agire come confondenti o modificatori di effetto, in particolare tutti quei fattori rilevanti nel metabolismo degli estrogeni, la valutazione della IARC ha reso urgente e necessaria una valutazione del rischio in quei comparti di lavoro che presentano un’alta prevalenza di lavoro a turni notturni, come la sanità, per mettere a punto i necessari interventi di prevenzione.

A cura di:

dott.ssa Lucia Miligi
Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica ISPRO, Firenze

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