Il fondamentale diritto alle ferie nella prassi è sempre garantito? O meglio, in che modo trova concreta applicazione?
Il diritto alle ferie è un diritto irrinunciabile, questo si evince dalla lettura dell’art. 36 della Costituzione. Nella prassi tale diritto viene liberamente “azionato” dai lavoratori?
Oggigiorno, il tema delle ferie non godute è ricorrente. Nel settore medico – sanitario è ormai quasi una regola. Sono molteplici le ragioni che inducono dirigenti, e non solo, a lavorare per anni ininterrottamente. In tale sede, sarà nostra premura illustrare, seppur sinteticamente, a livello giuridico-normativo le soluzioni percorribili qualora il problema emerga.
Nell’ambito medico-dirigenziale, normalmente, le ferie non godute nell’anno di competenza devono essere utilizzate entro il primo semestre dell’anno successivo (art.33, co. 12, CCNL Area Sanità triennio 2016-2018). Frequentemente, però, per “esigenze di servizio” nemmeno tale soluzione risulta percorribile. Dunque, quali sarebbero i rimedi giuridici per ovviare a tale situazione?
Generalmente, anche se il legislatore ha sempre optato per un generico divieto di monetizzazione delle ferie, in alcuni casi ciò è consentito.
Infatti, nell’ambito che ci interessa, tale divieto può venir meno soltanto qualora le ferie maturate e non godute non siano state fruite dal lavoratore per esigenze di servizio e solo in caso di cessazione del rapporto di lavoro (art.33, co. 10, CCNL Area Sanità triennio 2016-2018).
Il principio suddetto, però, deriva dall’armonizzazione del nostro ordinamento ai principi espressi a livello europeo. La monetizzazione delle ferie non godute, infatti, è considerato come diritto sociale fondamentale (per approfondimento vedi art. 31 paragrafo n. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 7 della direttiva n. 2003/88/CE).
A livello giurisprudenziale è sempre la CGUE che con alcune recenti
pronunce ha riaffermato l’importanza del diritto in parola. In particolare, la
Corte a seguito di un rinvio pregiudiziale della Corte Suprema Austriaca, ha
espresso un fondamentale principio sul tema della monetizzazione delle ferie
non godute, richiamando espressamente la normativa comunitaria di
riferimento: “L’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti
dell’organizzazione dell’orario di lavoro, letto alla luce dell’articolo 31,
paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve
essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione del diritto
nazionale in base alla quale non è dovuta alcuna indennità finanziaria per
ferie annuali retribuite non godute per l’ultimo anno di lavoro in corso,
qualora il lavoratore o la lavoratrice, senza giusta causa, ponga fine
anticipatamente e unilateralmente al rapporto di lavoro. Non è necessario che
il giudice nazionale verifichi se per il lavoratore fosse impossibile fruire dei
giorni di ferie retribuite cui aveva diritto” (CGUE – sez. VII – causa C-233-
20 del 2021)).
A seguito dei principi espressi a livello comunitario, anche la Suprema Corte
di Cassazione, sez. Lavoro, ha recentemente riconosciuto il diritto alla
monetizzazione delle ferie non godute ad un dirigente medico. Infatti, con la
sentenza n. 18140 del 2022, ha sancito un principio che può così essere
sintetizzato: «il potere del dirigente pubblico di organizzare autonomamente
il godimento delle proprie ferie, non comporta la perdita del diritto, alla
cessazione del rapporto, all’indennità sostitutiva delle ferie se il datore non
dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza e indirizzo sul
punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di aver
assicurato altresì che l’organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui
il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento».
Tuttavia, la giurisprudenza di merito non sempre si è espressa come la Corte
di Cassazione sul tema. Di fatto, soltanto in alcuni giudizi è stato riconosciuto
il diritto alla monetizzazione in caso responsabilità dell’Azienda.
Sul tema, nel silenzio del legislatore, è sempre la Corte di Cassazione che,
innovando il nostro impianto giurisprudenziale e non solo, ha affermato il
principio secondo cui l’indennità sostitutiva delle ferie non godute va
riconosciuta anche alla lavoratrice che non abbia potuto fruirne per astensione obbligatoria dal lavoro (prima e dopo il parto), restando invece neutra la modalità di cessazione del rapporto, connessa alla scelta di dimettersi (Cass. Civ. sez. lav. Ord. N. 19330 del 2022).
Concludendo, sicuramente un’attenta pianificazione e programmazione delle ferie potrà garantire, per tutte le ragioni descritte, sia un benessere del dipendente in un’ottica di conciliazione famiglia-lavoro, sia un miglioramento del servizio offerto dall’Azienda nel suo complesso. Malgrado ciò, in assenza di interventi strutturali a livello normativo, tutte le soluzioni descritte, soprattutto in ambito giurisprudenziale, rappresentano rimedi laddove, invece, servirebbe una regolamentazione coerente con la realtà lavorativa. Il tutto, sempre al fine di salvaguardare e tutelare nel miglior modo possibile il diritto irrinunciabile per eccellenza, quello alla salute.
Avv. Paola Rosignoli
Consulente legale Anaao Toscana