sabato, Aprile 27, 2024
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LA SINDROME FIBROMIALGICA E UN NUOVO APPROCCIO ALLA MEDICINA DI GENERE: SIAMO PRONTI A CAMBIARE PROSPETTIVA?

  • 1) DEFINIZIONE DELLA PATOLOGIA La sindrome fibromialgica è una condizione caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso, spesso associato a sintomi extra scheletrici a carico di numerosi organi e apparati, come astenia, facile stancabilità, disturbi del sonno, problemi dell’alvo, problemi dell’area cognitiva (memoria, attenzione, rallentamento dei tempi di reazione, alterazione delle funzioni esecutive) e della dimensione affettiva (ansia, depressione, attacchi di panico), con generale scadimento della qualità della vita e costi socio-economici diretti ed indiretti. In Italia colpisce circa 1,5-2 milioni di individui, soprattutto donne (rapporto F:M = 9:1). In letteratura è riconosciuto che, sebbene l’etiologia della sindrome non sia ancora stata individuata, possa essere compromesso il meccanismo di modulazione del dolore. In questo senso è stata considerata importante la ricerca di eventuali eventi anamnestici capaci di influire su questa neuromodulazione in un quadro multifattoriale, quali ad es. pregressi incidenti, infezioni, traumi (fisici o psichici).

2) CLASSIFICAZIONE DELLA PATOLOGIA Si distinguono una forma “primitiva” o isolata, e una forma “associata” o concomitante ad altre patologie, reumatiche o di altra natura. Tra le malattie reumatiche a cui si può associare la fibromialgia vi sono l’osteoartrosi, le spondiloartriti sieronegative, l’artrite reumatoide, la sindrome di Sjogren e il Lupus Eritematoso Sistemico. Fra le patologie non reumatiche vi sono soprattutto le tiroiditi, la sindrome dell’intestino irritabile, la sindrome da fatica cronica, le intossicazioni, le sindromi post-virali, le malattie psichiatriche e neurologiche, sindromi malocclusive, disturbi posturali e post-traumatici.

3) PROCEDURE DIAGNOSTICHE La diagnosi di fibromialgia è essenzialmente clinica e si basa sulla presenza di sintomi caratteristici e specifici criteri diagnostici, oltre che soprattutto sull’esclusione di patologie. Al momento non esistono esami di laboratorio e/o strumentali che possano confermare la diagnosi. Fino al 2010 la diagnosi era basata sulla presenza di dolore muscolo-scheletrico diffuso d a almeno 3 mesi e sul riscontro di aree dolorabili alla digitopressione definite “tender points” (almeno 11 su 18, come definiti dai criteri della ACR 1990). Nel 2010 sono stati pubblicati nuovi criteri, poi revisionati nel 2011, che permettono di effettuare la diagnosi di fibromialgia senza la valutazione dei tender points ma solo mediante valutazione clinica e utilizzo di questionari. Nel 2013 sono state successivamente incrementati i sintomi e le aree dolenti. Infine nel 2016 è stata proposta una revisione dei criteri ACR, integrando quelli del 2010 e del 2011. Per la diagnosi devono essere presenti contemporaneamente 3 criteri: dolore diffuso, sintomi caratteristici e durata da almeno 3 mesi. La sintomatologia viene misurata attraverso un indice, Fibromyalgia Severity Scale, composto dalla somma dei punteggi ottenuti in due sottoindici: – WPI (widespread pain index): somma delle aree dolorose da 0 a 19 – SSS (symptom severity scale): si assegna livello di gravità da 0 a 3 a tre sintomi (astenia, sonno non ristoratore, disturbi cognitivi); inoltre si assegna punteggio d a 0 a 1 (assenza/presenza) ad altri tre sintomi (emicrania, dolore o crampi addominali, depressione).

4) TERAPIA L’approccio più appropriato è di tipo multidisciplinare che comprenda interventi di tipo farmacologico e non farmacologico:

A – Educazione del paziente, volta ad una migliore conoscenza della malattia e ad una responsabilizzazione del paziente con particolare attenzione ad instaurare la migliore relazione medico-paziente possibile e al cambiamento dei suoi stili di vita nocivi per la salute. Gruppi psicoeducativi con finalità di contenere le ansie della patologia e gruppi di auto aiuto come strumenti per far circolare liberamente le emozioni, sembrano ottenere buoni risultati sulla modulazione del dolore.

B – Trattamento non farmacologico: 1) Attività Fisica Adattata (AFA): attività fisica non riconducibile a percorsi sanitari riabilitativi 2) Terapia cognitivo-comportamentale in forma breve, orientata a risolvere i problemi qui ed ora, volta a modificare la gestione deicomportamenti disfunzionali; 3) Alcune tecniche di rilassamento per una migliore gestione delle strategie di coping per fronteggiare eventi stressogeni; 4)terapie di medicina integrata (riconosciute e validate): agopuntura, idroterapia, fitoterapia.

C – Trattamento farmacologico: al momento non ci sono farmaci con l’indicazione specifica per la sindrome fibromialgica. I farmaci che si sono dimostrati maggiormente efficaci sono gli antidepressivi (triciclici, inibitori MAO, SSRI, SNRI, inibitori recettori 5- HT), i miorilassanti (ciclobenzaprina, eperisone), gli anticonvulsivanti (pregabalin, gabapentin), alcuni sedativo-ipnotici, pochissimi analgesici (oppioidi quali il tramadolo), e recentemente, i cannabinoidi.

L ‘approccio terapeutico alla sindrome fibromialgica rappresenta per l’algologo o il medico di medicina generale una vera sfida in quanto è stato ampiamente riportato che gli analgesici che agiscono sui recettori per oppioidi presentano differenze quantitative e qualitative relate al sesso che sfavorirebbero le donne, un discorso analogo è stato fatto anche per alcuni FANS (l’ibuprofene) che nelle donne avrebbe meno potere analgesico. A questo va aggiunto il ruolo di cofattori psicogeni di tipo ansioso e/o depressivo che nel sesso femminile hanno un’incidenza maggiore. Diffondere negli operatori sanitari l’importanza delle differenze di genere per una terapia basata sulla base evidenced medicine (EBM) e delle peculiari interazioni farmacologiche o ormonali/recettoriali che possono svilupparsi nel sesso femminile. Valutare il “peso” del genere, non solo nella salute ma anche nella malattia, identifica un filone di vera e propria ricerca di genere .  Nel trattamento della sindrome fibromialgica questi aspetti appaiono particolarmente evidenti tanto da dovere indurre un complessivo ri-pensamento di strumenti e metodi, un’articolata e dettagliata mappatura dei punti critici e un approccio interdisciplinare, per scongiurare i gender bias insiti nella struttura stessa dei disegni di ricerca. È un percorso in divenire che richiede impegno e andrebbe rinforzato con intenzionalità scientifica e politica, volta al progresso della conoscenza e dell’equità di terapia del dolore femminile  

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Giovanna Ballerini Resp. Centro Multidisciplinare Terapia Del Dolore

Fibromialgia E Dolore Di Genere

Usl Toscana Centro

Css R.Giovannini Via Cavour 118, Prato

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