mercoledì, Aprile 24, 2024
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Novità legislative in tema di conciliazione vita-lavoro per i genitori e i prestatori di assistenza

La condivisione e la conciliazione dei tempi di vita -lavoro sono il primo passo per l’esercizio del diritto alla cura e per garantire un accesso equo al mercato del lavoro. Numerosi studi in ambito organizzativo evidenziano come i carichi di cura genitoriali gravano maggiormente sulle donne lavoratrici, le quali usufruendo dei congedi in via prevalente rispetto agli uomini, rimangono più a lungo lontane dal mercato del lavoro con ricadute sulla sfera personale e professionale. Oggi lavorare e conciliare i tempi di vita è divenuto ancora più difficile: e un diritto non tutelato e non garantito dalle Istituzioni significa perdita di posti di lavoro, disaffezione, abbandono del sistema sanitario nazionale. La normativa europea nel riconoscere il diritto di assentarsi dal lavoro nelle situazioni previste dalla legge ne prevede anche i limiti e le condizioni. E se in vetta alla classifica degli Stati virtuosi si collocano Spagna e Paesi scandinavi, che staccano anche i modelli tedesco e francese, l’Italia rimane ancora il fanalino di coda, nonostante i passi in avanti della Legge di Bilancio 2021 sui congedi di paternità. Nonostante ciò la differenza tra un paese e l’altro è ancora notevole e tanta è la strada da percorrere, anche se la direttiva dell’Unione Europea ha provato a disegnare delle linee comuni in tema di politiche di conciliazione, di congedo di maternità, di paternità e parentale. Sostenere l’uguaglianza di genere in termini di diritti e doveri della genitorialità significa non comprimere il ruolo della maternità bensì valorizzarlo nell’ambito della piena genitorialità di entrambe le figure, al contempo significherebbe incidere nel gap che, ancora troppo ampio, vede donne e uomini ai due lati opposti della barricata nel mondo del lavoro. Un passo deciso in avanti è necessario da parte delle Istituzioni, e ancora prima, dei singoli attori in ambito contrattuale e normativo, da assurgere a veri protagonisti di un cambiamento culturale che stenta a iniziare.

Con il Decreto Legislativo n. 105/2022, entrato in vigore il 13 agosto 2022, è stata recepita (in attuazione della direttiva UE 2019/1158) la disciplina relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza. La direttiva persegue l'obiettivo di porre rimedio alla sottorappresentanza delle donne nel mercato del lavoro e di promuovere l'attuazione del principio della parità di genere in ambito lavorativo. Le modalità per perseguire tale obiettivo sono, da un lato, il miglioramento dell'accesso alle misure di conciliazione per tutti i lavoratori e le lavoratrici con responsabilità familiari, e, dall'altro, la promozione dell'esercizio di tali misure Il suddetto DL 105/2022 interviene con modifiche ed integrazioni, sia sul testo del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), sia su disposizioni di legge diverse, quali la Legge n. 104/1992 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), la Legge n. 81/2017 (Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), il D.Lgs. n. 81/2015 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni), in un'ottica di armonizzazione e coerenza con il nuovo dettato normativo.
Di seguito, nel dettaglio, gli argomenti e gli istituti coinvolti.

1. Congedo di paternità obbligatorio ed alternativo
Il D.lgs. 105/2022 inserisce nel corpo del T.U. n. 151/2001 il “congedo di paternità obbligatorio”, recependo ed ampliando le tutele previste per il congedo obbligatorio del padre introdotto dalla legge 92/2012 e successive modifiche. Tale istituto riconosce al padre lavoratore, dai due mesi precedenti la data presunta del parto ed entro i cinque mesi successivi (quindi non più solo entro i cinque mesi successivi alla nascita come previsto dalla normativa previgente), il diritto ad astenersi dal lavoro per un periodo di dieci giorni lavorativi, non frazionabili ad ore, da utilizzare anche in via non continuativa. Tale periodo viene aumentato a venti giorni lavorativi in caso di parto plurimo.

Due sono quindi le modifiche principali effettuate dalla norma citata alla normativa previgente: l'arco temporale in cui il padre può usufruire dei 10 giorni di congedo obbligatorio e la durata dello stesso in caso di parto plurimo. Dal punto di vista pratico, il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all'evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un'indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione; il trattamento normativo ed economico è poi il medesimo previsto per il congedo di maternità. (Il congedo obbligatorio è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio ed anche qualora il padre sia adottivo o affidatario).Tale congedo si configura come un diritto autonomo del padre lavoratore e pertanto spetta indipendentemente dal diritto della madre al proprio congedo di maternità, e si aggiunge al congedo di paternità disciplinato dall'art. 28 TU (congedo di paternità alternativo), il quale riconosce al lavoratore padre il diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua non fruita dalla lavoratrice, oppure in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre.
Similmente che per la madre, in caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio o alternativo, il divieto di licenziamento si applica anche al padre lavoratore per la durata del congedo stesso e si estende fino al compimento di un anno di età del bambino. In caso di dimissioni nel periodo in cui è previsto il divieto sopra esposto, al padre che ha usufruito del congedo di paternità spetta l'indennità di preavviso e la NASPI e lo stesso non è tenuto a prestare alcun preavviso.

2. Congedo parentale per i genitori lavoratori dipendenti
Innanzitutto è bene segnalare che, in relazione alla predetta disciplina rimangono immutati i limiti massimi individuali e cumulativi sussistenti per entrambi i genitori per beneficiare di tale istituto previsti dall'art. 32 T.U.
Il D.lgs. 105/2022, ha però riconosciuto, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto l'affidamento esclusivo del figlio, il limite massimo di un periodo continuativo o frazionato non superiore a 11 mesi (quindi non più solo 10 come previsto dalla disciplina previgente).
Per quanto concerne il trattamento economico e normativo, a ciascun genitore lavoratore spetta sino al dodicesimo anno di vita del figlio o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento (non più quindi fino al sesto come previsto dalla disciplina previgente) un periodo indennizzabile di tre mesi non trasferibile all'altro genitore.
I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra di loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un'indennità pari al 30% della retribuzione. Da ciò ne consegue che il periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori è di nove mesi (non più di soli sei come previsto dal testo previgente). Nel caso vi sia un solo genitore o vi sia un affidamento esclusivo ad uno di essi, al singolo genitore spetta un'indennità pari al 30% della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi (non più quindi di solo sei mesi come previsto dalla disciplina previgente). Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai nove mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il solo genitore è dovuta, sino al dodicesimo anno di vita del bambino o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento (e non più sino all'ottavo come previsto nella disciplina previgente), un'indennità pari al trenta per cento della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria.
I periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo diverse disposizioni della contrattazione collettiva.

Infine. La legge 197/2022, comma 359, ha previsto che l’indennità del 30% della retribuzione sia elevata, in alternativa tra i genitori, per la durata massima di un mese fino al sesto anno di vita del bambino, alla misura dell’80 per cento della retribuzione.



A cura di:
Dr.ssa Caterina Violanti, Vice-Segretaria Aziendale ANAAO - ASL Toscana Centro
Avv. Paola Rosignoli, Consulente Legale ANAAO TOSCANA




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